Io, Manu, Paolo e Paolino l'Alpino
Venerdì mattina.
Sono le 6,00.
Manca quasi un'ora al suono della sveglia, ma io sono già vispo, l'idea dell'azione imminente mi smuove: salto giù dal letto e comincio a preparare il materiale per l'uscita.
Puntualmente, infatti, la sera il lavoro mi prende fino all'ultimo, così quando torno a casa sono già le 19,00.
Mangio qualcosa, carico tutto in macchina e parto: incontro con Manu e Paolino l'Alpino ad Alba, poi via verso Cuneo a raccattare Paolo; siccome è tutto intasato per l'adunata nazionale degli Alpini, Paolo esce dalla città in bicicletta e lo incontriamo stracarico a Borgo San Dalmazzo.
Risaliamo la Val Maira, oltrepassiamo Chiappera e troviamo un buon posto per piantare le tende sotto la Rocca Provenzale (m 2.402), il nostro obiettivo.
Sono le 23,15.
Quando siamo sistemati, spariamo le solite cavolate, poi ci infiliamo nei sacchi a pelo; fuori c'è una stellata mai vista, anche in virtù dell'assenza di luna.
Sabato mattina sveglio tutti alle 6,10. La temperatura non è fredda, siamo a circa 1.700 m e uscendo dalla tenda ecco la montagna:
La via che abbiamo in programma è la Motti (IV+ D 370 m), anche se temiamo che i chiodi in loco siano veramente pochissimi; un report dice che addirittura lungo il primo tiro (IV, 40 m) non c'è nemmeno un chiodo!!!
Individuiamo la via, una bella fessura sulla parete est della Provenzale:
Quando arriviamo sotto la parete, all'attacco della via, i dubbi ci assalgono... Il fatto è che il gruppo Castello-Provenzale è molto particolare, si tratta di un monolito quarzitico in cui non è così facile proteggersi ed integrare la chiodatura: assenza di spuntoni e clessidre per fettucce, perizia nell'inserimento di nuts e friends (cosa in cui non eccelliamo ancora...).
Questo è il primo tiro, leggermente strapiombante in alto: dovremmo percorrerlo senza chiodi in loco???
OK, ragazzi, andiamo a farci ancora un po' le ossa su una via leggermente più facile e con qualche chiodo in posto: optiamo per la Bonelli (IV AD+ 400 m 6L).
Scendiamo nuovamente il sentiero e ne individuiamo la linea:
Le cordate:
- Io e Paolino l'Alpino
- Manu e Paolo
Sono le 10,00.
Parte Paolino per il primo tiro ed eccolo piazzare un friend subito!!!
Dopo un breve diedro, si sosta su un alberello (III):
Ci alterniamo, passo avanti io: traverso a destra per una dozzina di metri, trovo anche un chiodo, poi incontro la fessura che caratterizzerà gran parte della via e la scalo dritto in verticale: molto divertente (IV), con passi in dulfer, volendo fare gli stilosi...
Recupero Paolino:
La verticalità della parete e l'assenza della chiodatura abituale non ispirano il mio compare: da qui in avanti continuo a condurre io.
Ecco il terzo tiro: arrampico sempre lungo la fessura, che si allarga; trovo un chiodo o due, poi supero un leggero strapiombo e raggiungo la terza sosta:
I compagni mi raggiungono:
La quarta lunghezza richiede il superamento del tetto che si vede in alto, passando all'infuori della spaccatura sopra il casco di Paolino (un po' faticoso, ma nulla di trascendente):
Salito il tetto, traverso a sinistra su un diedro abbattuto e trovo la quarta sosta (1 chiodo + 1 spit).
Il quinto tiro non si dimentica tanto facilmente: seguo sempre la fessura, che si allarga sempre più; arrampico sul filo del labbro inferiore, trovo un paio di chiodi (con grande piacere!), poi la fessura diventa una vera e propria spaccatura, in cui occorre letteralmente infilarsi con tutto il corpo.
A un certo punto mi ritrovo a strisciare faticosamente sulla roccia, stretto tra la roccia sopra e sotto, al punto che devo togliermi lo zainetto e recuperarlo con una fettuccia, altrimento non ci passo!
Dopo alcuni metri vietati ai claustrofobici, rivedo la luce ed esco dalla spaccatura, riguadagno il filo di cresta e sosto in posizione quasi comoda, ormai fuori dalle difficoltà della via.
In questo punto, di fianco a noi passano due scalatori su Danza Provenzale (6a max a spit), una bella via che prima o poi faremo senz'altro.
Decidiamo di proseguire a tiri di corda, in sicurezza.
Troviamo ancora un paio di chiodi, poi si sale senza percorso obbligato, fino a raggiungere la cresta, dove si intercetta la Via Normale.
Saliamo l'ultima parete con un tiro di corda, condotto da Paolino l'Alpino.
Dall'uscita della via, guardo in alto, verso la vetta: scopriremo solo più tardi che la vera vetta è decisamente più distante...
Dalla cresta il panorama è già splendido: a sinistra, Rocca La Meja (m 2.831), a destra l'Oronaye (m 3.100):
Paolo attrezza una sosta per recuperare Manu, mentre noi facciamo le corde e ci prepariamo al resto della scalata:
Al termine della via, ripensando alla rinuncia della mattina, suggello la scalata decantando:
"Meglio vivi che Motti!"
Ripartiamo, quando sono circa le 15,00 ed il tempo si mantiene splendido.
Dopo un sentierino, si comincia ad arrampicare: la salita è ben appigliata, ma sprotetta e a tratti molto molto esposta: ci pare un po' strano, per una via normale, non trovare nemmeno uno straccio di attrezzatura (catene o corde fisse)...
Ogni volta che saliamo una parete, crediamo di trovare la croce sommitale, invece nulla: ancora rocce!
Finalmente, oltre le 16,00, eccoci in vetta!
La cima è un pulpito sospeso nel vuoto, il panorama è grandioso, specialmente verso nord: la Torre Castello (m 2.448) calamita l'attenzione di tutti, nascondendo in parte l'adiacente Rocca Castello (m 2.452).
Il panorama verso sud, verso Chiappera:
Grandioso, ma è ora di scendere: tra le altre cose, sono prenotato alle 21,30 per una cena con morosa in un ristorante nelle Langhe...
La discesa è molto impegnativa e delicata (alla faccia della gradazione F- della guida di Massari!), ma in un'ora e mezza siamo in fondo!Stanchi, ma soddisfatti, un'altra bella giornata alpinistica va in archivio (questo...), ma non mi posso rilassare: devo limitare il ritardo al ristorante!!!
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